Ventisei gioielli di futurismo e metafisica
La storia della Collezione Mattioli
La Collezione Mattioli è considerata tra le più importanti raccolte d’arte di avanguardie storiche italiane, in particolare futurismo e metafisica
La Collezione Mattioli è considerata tra le più importanti raccolte d’arte di avanguardie storiche italiane, in particolare futurismo e metafisica
In questo filmato Laura Mattioli, figlia di Gianni, si racconta e descrive come la sua passione per l’arte le sia stata trasmessa dal padre
Questo breve filmato ci mostra alcuni tesori della collezione Mattioli, nel momento in cui erano esposti, alcuni anni orsono, al museo Peggy Guggenheim di Venezia
Il “Corriere della Sera”, in un articolo a firma Chiara Vanzetto del 28 ottobre 2022, descrive l’evento della Collezione Mattioli al Museo del Novecento di Milano
Così il quotidiano “La Repubblica”, in un articolo di Teresa Monestiroli del 5 febbraio 2022, annuncia l’arrivo della Collezione Mattioli dalla Russia a Milano
24 aprile 1915: la notte in cui ebbe inizio l’incubo del “Grande male”.
Approfittando della crisi generale causata dalla Grande guerra, i Giovani Turchi ordinarono una retata fulminea, arrestando più di 500 personalità armene. Fu l’inizio di un genocidio che costò la vita a un milione e mezzo di uomini, donne e bambini.
Massacri e deportazioni: così l’Impero ottomano si è accanito a più riprese sull’Armenia.
Dalla sconfitta turca nel 1877-1878 al trattato di Losanna del 1923 che riconsegna l’Anatolia alla Turchia, una cronologia sintetica del genocidio armeno: “un crimine contro l’umanità” perpetrato con massacri e deportazioni forzate.
Aharon non alza mai lo sguardo. Silvard resta aggrappata alla speranza. Adranik non si rassegna. Sono tre superstiti del genocidio che oggi non ci sono più, ma le loro testimonianze rimarranno nei nostri cuori. Perché il cuore è il luogo della memoria..
“Mi chiamo Aharon Manukyan e parlo solo attraverso la voce di mia figlia”
Varujan, un pennello “intinto nel rosso del suolo della mia patria”
Numerosi furono gli scrittori armeni vittime del genocidio, come il grande poeta Daniel Varujan, il cantore per eccellenza della tragedia armena Siamantò (pseudonimo di Adom Yargianian) e il sacerdote Garabed Der Sahaghian.
Corpi scheletrici, donne che piangono i figli, esecuzioni e deportazioni: il richiamo straziante delle foto di Wegner
Armin Wegner nel 1915 era un ufficiale tedesco stanziato nell’Impero Ottomano. Violando gli ordini superiori e mettendo a rischio la propria vita, scattò una lunga serie di fotografie, che utilizzò per denunciare quel terribile crimine contro l’umanità. Riportiamo alcune di queste fotografie per gentile concessione di Pietro Kuciukian, console onorario della Repubblica di Armenia.
“Sono caduti senza sapere davvero perché, sono morti invocando il loro Dio”
Il cantante francese di origini armene Charles Aznavour rievoca la strage del suo popolo attraverso le parole, toccanti e crude, di “Ils sont tombés” (Sono morti).
Il genocidio degli Armeni – bibliografia
Piccola bibliografia per conoscere e non dimenticare la “fine di un mondo”
Per chi volesse approfondire la storia del popolo armeno e del Genocidio proponiamo alcuni testi e siti internet. Alcuni dei libri proposti saranno in vendita al banchetto dei libri allestito durante l’incontro del 26 aprile prossimo. Non si tratta certo di un elenco esaustivo, ma solo di alcuni semplici riferimenti bibliografici: molto è stato scritto e molto rimane ancora da scrivere.
Il libro descrive un aspetto passato in secondo piano: il ruolo svolto dai medici e dalle loro ricerche scientifiche all’interno del folle progetto nazista.
È stato edito nel 2021 e il suo autore è Giulio Meotti, un giornalista italiano che collabora con “Il Foglio”, è anche autore di numerosi libri sugli ebrei e sulla crisi della cultura occidentale.
In occasione del 27 gennaio, il Giorno della Memoria che da decenni ci fa riflettere sull’orrore della Shoah, vogliamo segnalare la mostra “In the death of One” in corso fino al 31 gennaio al Binario 21, Memoriale della Shoah a Milano.
Si tratta di uno sguardo del tutto originale su quella tragedia, un racconto per immagini di quanto vide e toccò con mano un grande artista, William Congdon, allora giovanissimo e semisconosciuto, giunto nel lager di Bergen Belsen (quello dove morì Anna Frank) nel maggio 1945 a guerra appena finita come autista di ambulanza.